Politica

Il fango non c’è più Ora c’è il deserto

«Protezione civile e Croce Rossa hanno lasciato solo poche decine di uomini. Sulla tragedia è calato il sipario, non sappiamo ancora quali sono le zone a rischio e dove è possibile ricostruire».

di Giuseppe Picciano

Volontariato: in Campania è più di una buona intenzione. È coraggio, solidarietà, impegno. Lo dimostrano le 430 associazioni, sparse nelle cinque province, che ogni giorno sono al fianco di migliaia di persone. Soprattutto in condizioni di normalità. Monsignor Antonio Riboldi, vescovo di Acerra, è testimone di una realtà che conosce benissimo. È con lui che vogliamo cominciare il viaggio attraverso il complesso sistema del volontariato in una regione storicamente segnata da grandi contraddizioni. C?è voglia di volontariato. Ma…. «In questa terra», racconta monsignor Riboldi, «la voglia di volontariato c?è e cresce. Glielo dimostro: nonostante il caldo infernale di questi giorni un gruppo di volontari sta organizzando due campi estivi per ragazzi. Tra le aree attrezzate, sono quasi trecento i giovani accolti. Mi sembra si tratti di un caso esemplare». E allora dov?è il problema, monsignor Riboldi? «Manca la continuità d?azione. Molti si lanciano in questo mondo con lo spirito, anche positivo, dell?avventura ma poi abbandonano alle prime difficoltà, o impediti da esigenze personali. Direi che quaggiù non c?è una vera formazione del volontario: una persona che sa comprendere l?importanza di un servizio, solidale e anonimo, reso al prossimo: senza pretese, senza protagonismi. Una persona che non dirà mai: quanto ci guadagno?». Da Acerra alla provincia di Caserta per trovare riscontro alle parole di monsignor Riboldi. Da dieci anni, ogni mattino all?alba, il pullmino sbuffante della famiglia Luciano percorre le strade polverose di Castelvolturno e tocca i rifugi degli extracomunitari per prelevare i loro bambini e accompagnarli a scuola. I papà e le mamme che vengono dall?Africa hanno poco tempo: devono raggiungere i campi di pomodori o le fabbriche semiclandestine del circondario prima che si alzi il sole. Antonio, Marcella e Gisella Luciano, marito, moglie e figlia, sono gli angeli bianchi scesi nell?inferno di chi ha sofferto per essere accettato, o appena tollerato, in un terra afflitta dall?emergenza occupazionale e umiliata dalla camorra. «Accogliamo quaranta ragazzi, di età compresa tra i due e i diciotto anni», racconta Roberto Esposito, uno dei trentadue operatori del centro Laila creato dai Luciano, «E li impegniamo fino all?arrivo dei genitori. In queste ore svolgono attività culturali strettamente collegate ai loro Paesi di origine». Oggi Laila è una realtà importante, forse la più importante della provincia di Caserta. Gli operatori non accettano soldi, ma vestiario, alimenti e medicinali. Una volta al mese arrivano gli aiuti anche dal Banco alimentare, gestito dal vescovo casertano, Raffaele Nogaro. Antonio Luciano è proprietario di un campeggio che mette spesso a disposizione dei ragazzi, e in estate lo converte in un?area sociale per accogliere i portatori di handicap e gli immigrati. L?anatema di don Gennarino «Ancora oggi sono due i problemi che affliggono il mondo: la povertà e la lebbra. Malattie generate dal colonialismo. E dietro c?è il potere delle multinazionali, che sfruttano i popoli poveri del mondo, e gli Stati occidentali che erogano prestiti a tassi usurari». Qualcuno liquiderà l?anatema di don Gennarino Somma da Castellammare di Stabia come una scoria terzomondista e superata. Ma il consulente ecclesiastico della Comunità Promozione e sviluppo non si limita agli ammonimenti: la solidarietà la mette in pratica. Proprio come quei tre impavidi che più di vent?anni fa da Castellammare passarono in Senegal, restandone folgorati dalla profonda miseria. Tornati in patria, Antonio Laus, Giovani Spagnuolo e padre Salvatore Longi diedero vita, nel 1973, al Cps, un organismo di volontariato internazionale. «L?area in cui operiamo non è invasa da extracomunitari», spiega don Gennarino. «Dalle nostre parti gli immigrati sono di passaggio, e quando lavorano si limitano a fare gli ambulanti, perché qui di lavori stagionali non ce ne sono». Gli ospiti della Cps ricevono un?accoglienza adeguata, permanente, e vengono aiutati a trovare lavoro e casa, mentre gli studenti extracomunitari delle università campane hanno la possibilità di partecipare all?assegnazione di borse di studio annuali da un milione di lire. «Impegniamo gli immigrati residenti sul territorio», continua don Gennarino, «Anche per compiti diversi, con il proposito di favorirne l?integrazione attraverso scambi culturali, come nel caso di corsi di francese e spagnolo tenuti dagli stessi stranieri ai giovani delle scuole. Nel Meridione c?è una questione culturale: chi fa volontariato preferisce muoversi poco o non muoversi affatto perché è molto legato alla sua terra e anche perché sotto il profilo economico la situazione non è florida». Pionieri dell?accoglienza Una mano tesa. Un cuore, un patrimonio di idee e pochi spiccioli. Per sostenere le ragioni degli altri, soprattutto dei bambini. «E delle famiglie», aggiungono Giovanni D?Antonio e Raffaella D?Errico, ai vertici l?uno dell?associazione famiglie affidatarie, l?altra di Noi e voi, entrambe di Angri (Salerno). «Sono solo due delle numerose attività sorte nel nostro ambito territoriale, ricco di volontari», precisa la D?Errico. «La nostra associazione, nata nel ?93, ha svolto un?azione pionieristica nel campo dell?accoglienza dei minori, essendo l?unica operante nella zona di Nocera Inferiore e Sarno», ricorda don Antonio. «L?intento è quello di promuovere la cultura dell?accoglienza attraverso l?affido famigliare». I numeri testimoniano l?impegno: più di 40 affidi, distinti in tre diverse tipologie, a tempo pieno, diurni o nel fine settimana. E poi un filo diretto con Comuni, consultori e tribunale dei minori di Nocera Inferiore, la possibilità di formarsi con corsi gratuiti e ricevere il sostegno di famiglie con maggiore esperienza. La nuova famiglia, se vuole, è inserita nell?anagrafe del consultorio ed è interpellata quando si presenta la necessità di un affido. La testimonianza di Roberto e Margherita: «Il primo bambino che abbiamo accolto, all?inizio degli anni Ottanta, si è sposato e ha due figli. Se fosse ancora con noi, saremmo nonni…». Il silenzio sulla ricostruzione Angri è a un tiro di schioppo dalla sfortunata Sarno, patria di Padre Terenzio Soldovieri, direttore della Caritas locale. Un?eminenza nel campo del volontariato. Padre Terenzio ha parole molto severe per chi ha affidato ai piccoli miracoli dell?improvvisazione una città semidistrutta: «Attualmente si aggirano per Sarno solo i residui organizzazioni di soccorso. Protezione civile e Croce rossa, per esempio, hanno lasciato sul posto solo poche decine di operatori. Purtroppo su questa tragedia è calato il sipario e la stampa ha spento i suoi riflettori. Siamo tornati nell?oblio di sempre.È un errore pensare che a Sarno si viva una situazione di normalità: l?emergenza continua e i problemi sono gli stessi del dopofrana. Mi sconcerta l?idea che questa sciagura non sia diventata una questione nazionale. Ci pensa? Non conosciamo ancora i risultati degli studi del gruppo di esperti sul territorio, non sappiamo dove si potrà ricostruire, ignoriamo le ragioni per cui le ditte hanno abbandonato Sarno.Qui sono rimasti solo i volontari della Caritas, che cercano di alleviare le sofferenze di chi ha bisogno». hanno collaborato: Eugenio Macchia e Arturo Scotto I numeri dell’impegno Associazioni iscritte al registro      430 Provincia di Napoli        233 Salerno          85 Avellino          47 Caserta          40 Benevento          25 Volontari (stima)        10.000


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